Il punto di vista di un ragazzo in ritiro volontario.

Quando in una famiglia appare lo spettro del ritiro sociale, tutti gli equilibri saltano, le certezze svaniscono, un senso di impotenza pervade l’ambiente e mille domande senza risposte saturano la mente dei genitori.

Chi è in grado di dare una risposta a tutte queste domande? Certamente non i genitori che, avviluppati in un vortice di emozioni contrastanti, riescono a malapena a tenersi in piedi e continuare a vivere in maniera più o meno “normale”. Certamente non gli altri (parenti, amici) che non riescono neppure a concepire una situazione simile; per loro, un calcio nel sedere e meno vizi risolverebbe il tutto. Allora chi potrebbe rispondere? Forse i diretti interessati, forse loro saprebbero dare una risposta a tutte le domande che un padre e una madre si pongono di continuo. Certo, chi meglio del “protagonista” potrebbe rispondere?

Ma non è così semplice riuscire a parlare con un ragazzo o una ragazza che ha deciso di tagliare i ponti col mondo intero. Tuttavia questi ragazzi hanno un desiderio sfrenato di liberarsi dal peso che li opprime, non vedono l’ora di confidarsi, di raccontarsi, di gridare al modo: “ci sono anch’io!!!”, basterebbe ascoltarli e allora i miracoli potrebbero avvenire.

Lo scorso maggio ho avuto il piacere e l’onore di entrare in contatto con R. un ragazzo di quasi 32 anni che da parecchi anni vive a fasi alterne, periodi di isolamento e periodi di timide aperture verso il mondo esterno. Abbiamo cominciato a scriverci via email e si è instaurato un rapporto di fiducia, almeno così lo percepisco. Un ragazzo intelligente e sensibile che  è incappato in situazioni che gli hanno fatto perdere la fiducia nel prossimo, ma nello stesso tempo che ha una gran voglia di socialità (quella vera, genuina), allora, un po’ sfacciatamente mi sono permesso di chiedergli se volesse rispondere ad alcune domande alle quali noi genitori non siamo in grado di rispondere. Ebbene, con grande sorpresa, R. ha accettato ed io, senza indugio, ho buttato giù tutte le domande che albergavano senza risposte nella mia mente e gliele ho inviate.

Qui sotto trovate il risultato di questo piccolo grande lavoro. Consiglio vivamente a tutti i genitori (me compreso) di leggere con attenzione le risposte, perché sono ricche di spunti che possono aiutarci a comprendere il motivo reale per cui i nostri figli hanno fatto una scelta tanto drastica e dolorosa.

Un grazie immenso a R. per la sua disponibilità.

Innanzitutto R. ci tiene a precisare che: “nelle risposte ci sarà generalizzazione sia positiva che negativa, e relativa contraddizione quando si andrà più nello specifico. Perché si parla di società e di grandi gruppi di persone ed è quindi inevitabile cadere nelle due cose, ma è fatto senza malizia ma solo per semplificazione.”

Domanda. Siamo noi genitori la causa del vostro disagio o siamo parte del problema?

Risposta. Penso che i disagi e le fonti del problema siano molteplici spesso anche in prima persona e addirittura intrinseca al proprio essere come si è. Nella visione più generale del termine, penso siano dovuti alle incomprensioni e soprattutto allo spesso corrispondente fatto di perseverare nell’incomprensione. É certo che, cercando di mettersi nei panni di un’altra persona anche con tutta l’empatia possibile, non si può sapere totalmente cosa un’altra persona stia provando, quindi per incomprensione non intendo letteralmente il “non poter trovare una soluzione agli altri”, in quanto è normale perché, chi più chi meno, ognuno di noi può essere distante dalla realtà emotiva dell’altra persona. Io intendo proprio l’avere un tipo di modo di ragionare che trasforma e filtra ogni segnale che vede, sente, percepisce da parte degli altri, portando il tutto ad un risultato molto più personale che fattuale. Spesso questo accade nelle differenze generazionali e/o differenze d’ambiente e di visione del mondo e della vita.

A me piace fare un piccolo esempio, “ io sono certo che anche a 90 anni ascolterò musica metal, giocherò ai videogiochi, sarò informato sulle nuove tecnologie e così via dicendo. Mentre gli anziani di oggi, ovviamente non tutti ma nella maggioranza, faticano a stare dietro anche ad un telecomando di una smart TV ” differenze generazionali che trovo davvero bizzarre per quanto siano in verità reali, a cui sicuramente ci sono risposte addirittura scientifiche, ma che mostrano come una generazione come la mia sia quella che abbraccia sia il vecchio che il nuovo della storia del mondo, tramite la conoscenza di aspetti passati che molti giovanissimi non conosco più ormai, e la capacità di comprensione di tantissimi aspetti della vita attuali e futuri, partendo dal banale smartphone ad aspetti importanti più emotivi ed interiori delle persone. Non a caso siamo la generazione, e anzi le generazioni, di giovani che stanno facendo più lotte sociali, valorizzazione della libertà d’espressione e dell’essere se stessi.

Non ho vissuto gli anni dei “sessantottini” ma sono sicuro si possano trovare molte similitudini, solo che oggi noto molta più frustrazione e quella sorta di “vendetta” da parte dei giovani nei confronti dei soprusi delle precedenti generazioni, che stanno portando i giovanissimi anche ad esagerare ed a creare spaccature nei rapporti con i più grandi, con i genitori e le istituzioni.

Quindi la risposta è si ma solo in parte, o meglio, penso che molti adulti e anziani di oggi siano anche genitori, quindi c’è chi potrebbe dire “società = genitori”, ma penso sia giusto dividere i genitori tra chi porta avanti un bel mondo, una buona famiglia, un’apertura mentale e vera comprensione, ed invece chi parla di “choosy” , chi rinnega un figlio o una figlia gay, chi di fronte ad ansie e blocchi dice “sei solo svogliato” o “basta la forza di volontà”, chi attacca le tecnologie ma poi le usa come “calmanti” anche per bambini molto piccoli, chi si lamenta che i giovani non vogliono lavorare e poi danno paghe da fame e sfruttano il lavoro delle persone per 10 ore al giorno, chi non insegna più nulla ma si sente un arrivato e pensa che gli altri debbano già sapere tutto o meritare un voto senza una corretta valutazione del potenziale e delle vere capacità della persona, o chi pensa che la scuola non sia ormai un cumulo di vecchie macerie che hanno già seppellito il presente e il futuro di insegnanti e alunni, e chi tanto altro ancora, sono la causa esterna dei mali e da cui voler scappare, isolarsi, da cui ci si sente in costante paura e fuggire per aspettare tempi migliori.

Abbiamo commesso errori? E se si, quando? E quali?

Gli errori dei genitori, nessuno nasce genitore, ma nessuno nasce nemmeno figlio, forse è sbagliato di base avere dei ruoli, ecco per me un primo errore. Spesso si pensa che un adulto sappia cosa è meglio per i figli, così come cosa sia meglio per i figli degli altri. Questo può accadere addirittura all’interno di una stessa coppia, creando scompiglio nelle case e confusione nei figli. Io sostengo l’idea della verità che i genitori debbano essere un pilastro ed un insegnamento per i figli e i figli un bastone che sorregge ma anche un insegnamento a loro volta per i genitori, ma non per forza sacrificando ogni aspetto della propria vita a vicenda.

É triste vedere genitori che non hanno nulla da spartire con i figli, con le loro passioni, con i loro sogni, con i loro dubbi, con le loro ferite, vedere genitori che hanno accantonato ogni cosa per la famiglia e il lavoro, ma le loro passioni? qual è la loro espressione emotiva? quale è la loro comprensione anche negli aspetti più intimi sia dell’animo sia della parte più materiale del rapporto figli genitori? Domande retoriche che però dovrebbero secondo me almeno stimolare pensieri nei genitori. Non dovete sentirvi genitori che stanno sbagliando qualcosa nei confronti dei vostri figli, perché forse state sbagliando qualcosa invece nei confronti di voi stessi, anche quando siete già buoni genitori, ma i vostri figli sono tristi perché non vedono il vostro vero essere, la vostra libertà, e diventate purtroppo come sconosciuti.

Vi abbiamo cresciuti pensando più a soddisfare i vostri bisogni materiali, trascurando la sfera affettiva?

Penso di si, ma io direi, più che semplicemente bisogni materiali (es: giocattoli) si potrebbe parlare di bisogni che voi pensate siano dei bisogni necessari per i figli. Quante volte dei genitori arrivano a trasferire i loro sogni mancati sulle spalle dei loro figli? Un indirizzo di studi, un modo di comportarsi, una visione del mondo, delle tempistiche con scadenza per raggiungere degli obbiettivi nella vita, e tanto altro.

Come nella seconda domanda forse state sbagliando molto su voi stessi, e ciò si ripercuote anche sui figli, trascurando la sfera emotiva dei figli portando avanti cosa è più giusto nella propria visione di cosa vuole e cosa sa fare un genitore. Quante volte è capitato in buonafede anche il solo pensiero “i miei figli proprio non li capisco, ci rinuncio” questa secondo me è una frase che scarica tutto sui figli, si arriva a quel limite da genitore che si ferma e ci rinuncia.

Certo i figli arrivano spesso a fare di tutto e di più, si sa, però è uno sbaglio per il genitore credere di avere un limite nell’essere genitore, perché secondo me bisognerebbe essere più “inventori” che “operai”, superare quel limite mentale e di ruolo che porta il genitore soltanto a fermarsi prima dei figli, mentre i figli continuano a camminare, il che è normale, ma non è normale né farli rallentare o addirittura fermare i figli, né tacciarli di star abbandonando i genitori e la giusta via solo perché non si riesce a stare dietro mentalmente ed emotivamente ai propri figli.

Faccio un esempio, se i figli hanno sviluppato un loro pensiero o una loro passione, non ha senso dire “non capisco cosa ci trovi in questo” o addirittura spaventarsi o stupirsi “oh nooo ma mio figlio davvero pensa questo e gli piace fare questo? ma cosa ho fatto nella vita per meritarmi questo?” ma invece chiedersi e capire i motivi per cui i figli hanno sviluppato quel pensiero o stanno facendo qualcosa che a loro piace, e gioire con loro delle cose belle che sviluppano e portano avanti in autonomia.

Vi abbiamo involontariamente impedito di socializzare coi vostri pari?

I nostri pari ci hanno “impedito” di socializzare con loro nel senso che nella socializzazione vige l’estroversione e la sicurezza in se stessi ed anche senza volerlo certi rapporti finiscono o nemmeno iniziano se certe capacità di socializzare mancano o sono nascoste, e di rimando noi stessi ci siamo impediti di socializzare con gli altri per paura e stanchezza di dover affrontare tante sensazioni spesso brutte ogni volta.

Anche i genitori spesso dicono la loro facendo scaturire dubbi nei più tranquilli e anarchia nei più ribelli, ma non penso proprio sia colpa dei genitori e di certo non sempre. Le persone sono spesso cattive o semplicemente essendo un mondo pieno di sconosciuti non si sa se si può andare d’accordo con tutti. Ogni fallimento sociale aumenta la paura del prossimo incontro, ogni atto di bullismo fa perdere la fiducia negli altri, ogni sfruttamento porta sempre più diffidenza e lontananza. Immaginate che ogni giorno ci possa essere in tavola un cibo avariato o avvelenato, una persona smetterà quasi di mangiare pur di non stare male, avrà paura anche di un singolo boccone. Poi appena magari ci riprova scopre che quel giorno il piatto è buono e sano, ma in un altro giorno arriverà inevitabilmente un altro piatto avariato o avvelenato sul tavolo e allora sarà un colpo ancor più duro fin dal primo boccone.

Vi abbiamo chiuso in una bolla per proteggervi e così facendo vi abbiamo impedito di crescere e vivere le vostre esperienze?

Secondo me parlare della famosa “bolla” è un errore, perché riguarda sempre quel discorso del genitore che mette se stesso in primo piano, anche se non gli sembra di farlo, a quella che in realtà è la vita di un’altra persona, il figlio o figlia è una persona diversa anche se di famiglia e di sangue, ha il suo carattere, i suoi sogni, la sua intelligenza, la sua conoscenza, le sue passioni, i suoi modi di pensare, non può esistere bolla che tenga perché non esiste un figlio “neutro” che si può mettere in una bolla costruita ad hoc da un genitore, ma ci possono essere influenze e direzioni.

Un genitore si comporterebbe da genitore con persone sconosciute? No, perché sarebbe strano e si prenderebbe come minimo qualche insulto. Però un genitore fa il genitore nel significato classico del termine con il figlio o figlia, che è una persona che non si conosce poi così bene. Per un certo livello penso sia anche normale, genitori che conoscono poco i figli e i figli che conoscono poco e vedono come alieni i genitori. Ma i figli anche se si crescono bisogna conoscerli come si conoscono altre persone, quante volte ci si sente più in affinità con il proprio partner e meno con i figli? Penso che ogni mattoncino abbia il suo incastro e che la figura finale magari non si finisca mai di costruire, ma non importa, quello che importa è trovare il posto anche del singolo mattoncino.

Quando tentiamo di stabilire un contatto (verbale e non) cosa provate? Perché lo respingete?

Penso che i motivi possano essere tanti, che variano da persona a persona e da situazione a situazione, spesso si ha timore delle risposte a prescindere da quale sarà la risposta o di non essere compresi e magari aprirsi profondamente trovando un riscontro deludente che fa male. Altre volte ci si trova distanti dai propri genitori, oppure davvero delle volte c’è una tale distanza che diventa più semplice aprirsi e parlare con degli sconosciuti, è un paradosso che esiste e fa riflettere, forse si è arrivati talmente tanto a sentirsi incompresi e non sulla stessa linea dei genitori che si cerca all’esterno quella comprensione.

Ma non è detto, può essere anche la cosa più normale del mondo. Per dire, perché si cerca un proprio amore familiare diverso da quello della famiglia d’origine? una moglie/marito, dei figli propri, altre famiglie che si uniscono con l’unione delle due persone, non basterebbe la propria famiglia originale? perché si cerca l’amore da altre parti? Non so se ci sia una risposta specifica a questo, penso sia solo la natura, e non penso sia una cosa negativa. Quindi anche essere “respinti” (che non succede per davvero se non in casi estremi) dai propri figli non penso sia per forza negativo.

Come ho detto, i figli sono altre persone e hanno bisogno dei propri tempi, della propria privacy, del rispetto, del sostegno, dell’essere lasciati in pace delle volte. E tutto ciò dimostra come anche i dubbi, le paure e le difficoltà non possano essere per forza minori anche in un contesto familiare, finanche un bel contesto familiare con pochi problemi e tanta gioia e felicità, perché ognuno può sbagliare o necessitare di qualcosa di differente in base a come si sente e in base alle situazioni, qualcosa può andare bene per una persona ma non per un’altra e non parlo di capricci o ingiustizie ma di aspetti più interiori e personali.

Cosa possiamo fare per riavvicinarci?

Non ho le soluzioni in mano, ma esprimo i miei pensieri: Essere voi stessi, recuperare la vostra identità come persone, genitori individui che hanno avuto anche loro la loro vita passata, lasciare spazio ai figli e cercare di comprenderli ed esserci, non obbligarli o chiuderli, insegnare le buone cose capendo il metodo più giusto non secondo voi ma secondo com’è la persona, empatia e valorizzazione dell’apertura mentale e delle emozioni e sentimenti (es: quanti padri nella storia hanno detto ai figli maschi “non piangere altrimenti appari debole” o le madri alle figlie femmine “dovrai fare ciò che dirà tuo marito” e così via). Spesso anche non riavvicinarsi per forza totalmente è un buon metodo per riavvicinarsi, penso che molte cose arrivino in modo naturale, un po’ come l’intesa fra due amici di lunga data, l’amore tra due persone che stanno insieme, il rispetto tra un maestro e un allievo, sono tutte cose che non si possono pretendere o ricercare come fine unico, ma costruire quel rapporto nel tempo in modo incondizionato.

Quanti genitori dicono “quanto erano meglio i figli da piccoli, che ascoltavano sempre, che li seguivo io etc” mentre si lamentano dei loro figli adolescenti o maggiorenni che “sono cambiati”, è brutto e triste come pensiero.

Vi sentite esclusi, emarginati, lasciati soli?

Ci sentiamo delusi, da noi stessi, dalla società, dal mondo. Ci sentiamo alieni, come se fossimo finiti nel mondo sbagliato. Ci sentiamo usati, in un mondo dove la bontà e la solidarietà più grande sembra raccogliere i cocci per sistemare la distruzione creata dagli altri sugli altri. Ci sentiamo impauriti perché troppo sollecitati.

Siamo soli, spesso perché vogliamo stare soli, altre volte perché ci si sente soli anche in mezzo a 1000 persone, soli perché così ci possiamo proteggere, soli piuttosto che rischiare di essere mal accompagnati. Penso sia qualcosa di molto meno sociale e più personale, non come accade nella norma deplorevole, dove una persona non viene accettata e viene emarginata perché “diversa”, come si può escludere una persona perché sola? è un controsenso. E’ che, forse ci sono persone che hanno il coraggio di fare qualcosa quando si trovano di fronte ad una vita e ad una società abbastanza incompatibile con quello che una persona sente dentro di se, c’è chi si adatta ad ogni costo e chi no, sia per scelta sia perché proprio non si riesce a fare altrimenti.

E forse, ripeto, alla fine è un’azione di coraggio e non di codardia, di voler almeno gestire se stessi visto che non si può cambiare facilmente il resto. Non è un’esclusione o un essere lasciati soli, ma una risposta forte per la propria vita. E’ come sentirsi alieni più che emarginati ed esclusi, anzi forse molti di noi non hanno nemmeno niente che dagli altri può essere visto come motivo di esclusione ed emarginazione sociale, tranne il fatto stesso di essere isolati e pieni di ansia e paure.

Perché non raccogliete/accogliete le tante proposte di contatto?

Perché diventa come un obbligo e un’imposizione, spesso l’aiuto può essere visto in modi differenti da quello che vedrebbe la maggior parte delle persone, è un po’ come quando una persona non ha i soldi per qualcosa ma non vuole nemmeno che gli venga fatta la carità. I motivi possono essere tanti, il voler riuscire a farcela da soli, la propria dignità, la propria libertà di scelta, prendersi il tempo per affrontare le proprie paure e così via.

Per esempio io non so nuotare, e se una persona mi prendesse e mi buttasse a mare anche dove è basso allora avrebbe chiuso con me, odio queste cose, ed il suo presunto aiuto sarebbe una delle cose peggiori che possa farmi, significherebbe non conoscermi, significherebbe non rispettarmi, significherebbe avere un approccio nei miei confronti totalmente sbagliato. Quindi prima di fare delle proposte anche nelle migliori intenzioni, penso sia importante e bellissimo raggiungere interiormente l’altra persona, in questo caso i figli, e non “ti ho trovato un lavoro, inizi domani” oppure “ti mando il contatto di questo psicologo, gli ho già parlato un po’ di te”, sono come delle docce freddissime.

Cosa fate tutto il giorno in quella stanza?

Abbiamo davvero tante passioni, così come una persona può addirittura lavorare seduto 8 ore ad una scrivania, noi facciamo tante cose in una stanza. Ci informiamo e studiamo, leggiamo libri (di ogni genere non per forza solo romanzi) e fumetti, giochiamo ai videogiochi che sono dei mondi vari e pieni di storie bellissime e personaggi di ogni tipo. Suoniamo uno strumento musicale, ascoltiamo musica, disegniamo, scriviamo, filosofeggiamo, creiamo teorie e invenzioni, lavoriamo, chattiamo, sentiamo persone da ogni parte del mondo, studiamo e parliamo più lingue, preghiamo, pensiamo, ridiamo, piangiamo, ci autogestiamo.

C’è una cosa comune a tutte queste parole, la desinenza AMO. Amiamo ciò che facciamo, vorremmo portare noi stessi al mondo, ma appunto spesso non ci troviamo con il mondo o anche con persone più vicine a noi o abbiamo paura e timore di farlo, e quindi esprimiamo il tutto per conto nostro o con poche persone. Una cosa importante penso sia capire che non sono i mezzi a chiuderci in camera, ma è il chiudersi in camera che portaad usare i mezzi, perché togliendo tutto rimarrebbe solo un muro bianco da fissare, perché la condizione non cambierebbe lo stesso, non si “guarirebbe” eliminando i muri di casa, forse altri tipi di muri si non lo so ancora, ma immagino di si.

Avete notato, state notando un cambiamento in noi?

R. Al livello della società noto una lotta di generazioni più forte che mai, e che sta degenerando in estremizzazioni ed esagerazioni da parte di molti, sia giovanissimi sia adulti più maturi e anziani. Dall’altra parte sta aumentando la consapevolezza generale, e non intendo quella superficiale di certi articoli di alcuni blog e giornali che sentenziano in modo ignorante tanti aspetti di situazioni così delicate, ma appunto di persone che si organizzano per capire, aiutare, comprendere, aprirsi alle moltissime persone che versano in questa situazione e condizione di vita. Ed è bello perché quando si raggiungono altre persone si crea qualcosa di nuovo, forse a quel punto davvero importerà poco delle parti peggiori della società ma importerà solo di quegli insiemi che vengono a crearsi per creare un posto migliore nel mondo.

Fabio Scalzotto. Genitore