Bisogno di conformarsi

Sempre più spesso, da anni, rileviamo nelle persone la paura di essere inadeguati, di essere rifiutati, di essere soli e sbagliati, che genera il bisogno di conquistarsi l’immagine e i segni esteriori di un’appartenenza condizionata. come urgente bisogno di conformarsi ai modelli dominanti nella nostra attuale cultura, modelli elaborati e trasmessi attraverso la sola funzione visuale, pure immagini, esseri virtuali, che informano e condizionano gl’individui, non solo su abbigliamento, comportamenti, accessori, opinioni, ma innestano stili di vita, che invadono le persone fin nella più profonda intimità e gli organismi nei loro livelli più strutturanti.

Il bisogno di conformarsi ai modelli dominanti sostiene la ricerca di successo, come garanzia di attenzione e diritto ad un amore e a un’appartenenza sicura. Si tratta di una ricerca disperata, che non vedrà mai la fine, perché nasce dalla sfiducia di poter essere amati per quello che si è, dalla perdita dell’amore incondizionato e dalla fiducia riposta nel potere, nella capacità acquisita di suggestionare e soggiogare il maggior numero di persone, captando la loro attenzione, approvazione, ammirazione. Tutto questo, in fondo, somiglia un po’ all’amore!

Il bisogno di conformarsi ai modelli, per avere successo, per essere accettati o per non essere esclusi, indica che si è già perduta la fiducia di essere amati.

Con crescente frequenza, questo bisogno arriva a forme patologiche di sofferenza: ragazzi che si concentrano ossessivamente sul loro aspetto fisico e si mostrano sconvolti dalle normali manifestazioni del loro corpo, che si dedicano ossessivamente a pratiche e rituali di preservazione della forma, rifiutano o disciplinano stabilmente l’alimentazione, vivono stati d’angoscia se non si possono procurare l’ultimo modello di abito o di accessorio sfoggiato dai loro coetanei. Questo disagio arriva spesso a manifestarsi in forme francamente ipocondriache o dismorfo-fobiche, nella forma di disturbi alimentari, di rituali ossessivi, di profondi stati depressivi o d’iperattività, in diverse forme di ritiro sociale.

Ci sono ragioni per pensare che il persistere, nel vissuto dei giovani, di questo senso di vuoto, estraneità e non appartenenza, che conoscevamo come tratti della fase adolescenziale ma che, ormai, sembrano diventare parte di un vero e proprio stile di vita, vada al di là di una normale sofferenza esistenziale legata al disagio di una civiltà in crisi, ma che possa trattarsi del risultato di un vero e proprio processo di allevamento e addestramento di esseri umani, strutturati con patologie adatte a renderli “consumatori”, mantenuti in uno stato di dipendenza patologica, in una condizione durevole di precarietà esistenziale, di auto-svalutazione, d’inadeguatezza e di competizione per il riconoscimento sociale.

Di Katia Bianchi, psicologa e psicoterapeuta.